All’attenzione dell’Illustr.mo Rappresentante Regionale per i Paesi del Sud Europa dell’Unhcr Felipe Camargo
Le Commissioni territoriali hanno un’importanza fondamentale nel processo di riconoscimento del diritto di protezione internazionale.
Il loro moltiplicarsi, la necessità di reperire un gran numero di commissari con le più diverse preparazioni professionali e giuridiche, il ruolo di presidenza attribuito a funzionari prefettizi che mai avevano svolto compiti di tale genere, la grande quantità di istanze da analizzare, la molteplicità di storie e provenienze, hanno fatto di questo momento “amministrativo” un nodo cruciale ma estremamente fragile del sistema della protezione internazionale.
Proprio per la delicatezza del compito è prevista la presenza, tra i commissari territoriali, di un soggetto nominato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
La circolare del Ministro dell’Interno del 4 luglio 2018, inviata alla Commissione nazionale per il diritto di asilo e ai Presidenti delle Commissioni territoriali, ci ha suscitato numerose preoccupazioni.
Il Ministro Salvini invita i valutatori ad accelerare le procedure di vaglio delle richieste di protezione e a procedere ad una stretta sul riconoscimento della protezione umanitaria. Concetti che sono stati ribaditi più volte anche in questi giorni.
Le nostre ricerche, le numerose storie e vicende di richiedenti asilo che seguiamo quotidianamente evidenziano una situazione di ripetuta se non sistematica violazione dei diritti dei e delle richiedenti protezione internazionale durante le audizioni.
Riportiamo per punti le principali criticità sollevate:
il diritto della persona richiedente ad essere informata sui propri diritti, sull’iter amministrativo e giuridico della propria richiesta spesso non è garantito. Coloro che non hanno accesso al sistema di accoglienza, ma anche numerosi che ne hanno accesso, non ricevono adeguata informativa legale: talvolta è del tutto assente e quando viene effettuata spesso non è seguita da un percorso di accompagnamento volto a rendere cosciente la persona dello scopo dell’audizione in Commissione, della necessità di essere preparata e di dover produrre una documentazione che sostanzi la propria richiesta di protezione;
anche per i richiedenti asilo in situazioni di vulnerabilità manca sistematicamente l’assistenza di un legale – durante la fase che precede l’audizione e durante l’audizione stessa;
talvolta dalle stesse Prefetture viene suggerita l’opportunità che questa preparazione non avvenga per garantire una sorta di “purezza” della storia;
manca del tutto uno screening di valutazione che verifichi che questa preparazione sia stata fornita;
si evidenzia sempre più l’inadeguatezza del tempo dedicato all’audizione che appare sempre più accelerato e affrettato. Negli ultimi mesi si sta assistendo a un’ulteriore contrazione dei tempi di audizione, con calendarizzazioni a ciclo continuo (es. 4 commissari x 4 richiedenti = 16 audizioni al giorno) e conseguenti tempi contingentati. La circolare di Salvini spinge paradossalmente ad una ulteriore contrazione dei tempi;
le storie e i racconti presentati sono spesso giudicati con approssimazione. Siamo a conoscenza di membri di Commissione che, per dotarsi delle informazioni (di natura geopolitica e culturale) necessarie per interpretare in modo appropriato i racconti della persona richiedente, si affidano, direttamente in sede di audizione, a un motore di ricerca su internet anziché aver svolto adeguate ricerca prima e dopo l’audizione;
solo eccezionalmente si ricorre a più audizioni, condizione che permetterebbe, come in molte altre casistiche processuali, di definire meglio le istanze sia da parte del richiedente sia da parte dell’esaminatore;
i verbali di dichiarazione vengono stesi spesso in modo poco puntuale, alcuni privi di punteggiatura, che possono contribuire a travisare le dichiarazioni o intenzioni espresse dalla persona richiedente. Talvolta i verbali sono stesi con programmi di dettatura vocale e mai riletti tanto da risultare incomprensibili. Inoltre, spesso non vengono riletti alla persona richiedente o non gli vengono tradotti;
la Commissione è un organo collegiale e, pur prevedendo la norma che le audizioni vengano effettuate dai singoli Commissari, il momento collegiale dovrebbe essere garantito con adeguato tempo e spazio. In realtà questo non avviene e in molte Commissioni tale tempo si risolve nell’esposizione orale delle dichiarazioni della persona richiedente da parte del Commissario esaminatore agli altri membri, senza una lettura attenta dei verbali e l’esame della eventuale documentazione;
più volte e da più parti è stato denunciato il ruolo inadeguato del traduttore: in alcune situazioni i traduttori non conoscono perfettamente la lingua parlata dalla persona richiedente o spesso non sono consapevoli della dimensione interculturale che interviene nella traduzione, limitandosi a una traduzione letterale. Si leggono nei verbali veri e propri errori relativamente alle storie presentate. Ancor più gravi i casi in cui il traduttore espone al commissario i propri commenti, o gli viene affidato un ruolo predittivo, diventando una sorta di commissario aggiunto;
non sempre viene adeguatamente esaminata la documentazione presentata (certificati, relazioni, ecc.);
anche gli aspetti ambientali e spaziali del luogo delle audizioni hanno sollevato criticità: le sedi non sono sempre adeguate, talvolta vengono utilizzate in modo promiscuo con altri commissari. Talvolta la stessa distanza fisica tra Commissario, richiedente e traduttore esprime una distanza simbolica che rende difficile l’espressione riguardo una storia personale di discriminazione o violenza.
Queste sono solo alcune delle numerose criticità attualmente prodotte nelle Commissioni territoriali che dimostrano l’assenza di un procedimento di giudizio equo e corretto e l’audizione può trasformarsi in un processo discriminatorio.
Molte domande:
Alla luce delle numerose e gravi lacune, quale posizione ha assunto l’Unhcr?
E ancora, quali sono le azioni che attivamente intende promuovere per superarle?
Esiste una questione a monte. La funzione del membro nominato dall’Unhcr si è ridotta di fatto a essere alla stregua degli altri tre commissari. Ci chiediamo: era questa la funzione per cui è stato inserito? È questo il ruolo dell’Unhcr nelle Commissioni territoriali? Come può garantire in questo modo il suo ruolo di garante quando è parte attiva ed esso stesso produttore dei limiti sopra segnalati?
Chiediamo inoltre delucidazioni sulle procedure di formazione e selezione dei membri nominati dall’Unhcr.
Infine poniamo l’attenzione su un aspetto che, anche se esula dal contesto del lavoro delle Commissioni, mina l’esercizio pieno del diritto di difesa delle persone richiedenti. Ci riferiamo al fatto che, in sede di ricorso nel caso di una richiesta di protezione negata dalla Commissione, è prassi che il giudice non chiami alla comparizione il ricorrente, anche in assenza di videoregistrazione dell’audizione della Commissione. Tale violazione, è bene ricordare, è stata riconosciuta dalla recente sentenza della Corte di Cassazione del 27 giugno 2018. Anche in questo caso, pur non direttamente implicata, quale posizione intendere assumere l’Unhcr di fronte alla violazione della parità delle parti per i e le richiedenti asilo in sede giudiziaria?
Riteniamo che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati abbia il ruolo fondamentale di garante dei diritti umani; forte è la fiducia che molti cittadini e cittadine ripongono in tale istituzione.
Tale fiducia ha motivato questa nostra lettera aperta.
Per aderire:
Firmatari:
No Emergenza, Osservatorio migranti Verona, LasciateCIEntrare, Giovani Impegno Missionario della Famiglia Comboniana, Laici Missionari Comboniani di Agrigento, Bari, Bologna, Lecce, Milano, Padova, Palermo, Venegono, Verona, Combinazione Onlus, Associazione Con… Officine Gomitoli, Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos, Diritti per le nostre strade, Popoli in arte, Possibile, Rifondazione Comunista, Non una di meno Verona, Assemblea antifascista 17 dicembre.